Fabrizio De Andre

Pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra.

FABRIZIO CRISTIANO DE ANDRE

Cosa avrebbe potuto fare alla fine degli anni Cinquanta un giovane nottambulo, incazzato, mediamente colto,
sensibile alle vistose infamie di classe, innamorato dei topi e dei piccioni, forte bevitore, vagheggiatore di ogni miglioramento sociale, amico delle bagasce, cantore feroce di qualunque cordata politica, sposo inaffidabile,
musicomane e assatanato di qualsiasi pezzo di carta stampata?
Se fosse sopravvissuto e gliene si fosse data l’occasione,
costui, molto probabilmente, sarebbe diventato un cantautore.
Così infatti è stato ma ci voleva un esempio.

«Ci siamo incontrati la prima volta nel '73 su un palcoscenico per un concerto.
Poi una sera ci siamo incontrati per caso nello stesso ristorante: ognuno in compagnia di un'altra persona.
Mi sono accorta che lui mi guardava e allora mi sono detta: "Se te ne sei accorta, allora vuol dire che anche tu lo stai guardando".
Però non era ancora scattata la scintilla.
Era il 1974, che sarebbe diventato il "nostro anno" e, ancora per caso, ci ritrovammo in casa di amici: c'erano Mina, Ornella Vanoni, Gino Bramieri, Fabrizio e io.
Mina disse a Fabrizio: "Perché, tu che scrivi canzoni solo per te stesso, e noi te le rubiamo, per una volta non dedichi una canzone a una di noi?".
E Fabrizio rispose: "Se mai dovessi scrivere per una donna, scriverei per Dori...".
In quel momento mi sentii arrossire».

Fabrizio De André fu un grande cantautore italiano.
Faber era l'appellativo con il quale l'amico d'infanzia Paolo Villaggio lo aveva ribattezzato per la sua predilezione per una determinata marca di matite.
Originario della provincia di Genova, De André nacque in una famiglia benestante.
Verso la fine della guerra, nel 1945, De André continuò ad essere attratto dalle questioni politiche e sociali:
trovò nella musica un modo più efficace per esprimere le sue opinioni.
La passione per il Jazz e la frequentazione assidua con gli amici Gino Paoli e Luigi Tenco gli aprirono la strada verso l'arte e segnarono il suo amore per la musica.
Nella seconda metà degli anni settanta, Faber fu rapito insieme a Dori Ghezzi dall'anonima sequestri sarda, per venire poi rilasciato quattro mesi più tardi dietro pagamento del riscatto.
L'esperienza e il contatto con la gente sarda si ritrovano in alcuni dei testi delle sue canzoni che, principalmente, raccontano storie di emarginati, ribelli, prostitute.
La sua abilità di cantastorie fa sì che le sue canzoni siano considerate da alcuni critici come vere e proprie poesie.

Benedetto Croce diceva che fino all’età dei diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest’età in poi,
ci sono solo due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini.
E quindi io, precauzionalmente, preferisco definirmi un cantautore.

"Ho cercato di reinventarle una vita e di addolcirle la morte"

Fabrizio de Andre, canta la morte ed ama la vita.